Poesie 2015-Massimiliano Testa Poesie Aforismi Dipinti

Poesie 2015


 
 

 
  I pagliacci dagli occhi d'ambra
 
 
Fuggo sogni
e brandelli di carne
che ancora ansimanti
mi sfiorano ogni notte la pelle:
sono i resti degli angeli che non volano;
sono gli scarti di un amore ripudiato.
 
Li puoi vedere ai margini delle strade
che sopravvivono al loro destino;
creature astratte;
mostruosi pagliacci dagli occhi d'ambra...
Sono loro mimetizzati tra “murales” scoloriti,
vetri taglienti e miasmi neri:
sono rifiuti non concepiti eppur partoriti
dalle tenebre delle nostre coscienze.
 
È questo, ti dico, l'unico inferno
dal quale si può vedere, alzando gli occhi,
un paradiso abitato da soli demoni.
 
 



 
Il viadotto obbligato
 
 
Incoscienti come
le acque superbe d'un torrente
scorrono
sciami di lucciole ordinati
verso sottili tratti surreali.
 
Al crepuscolo
sul viadotto scorro anch'io
e vòlgo
verso libere e utopiche uscite
e sfuggo
gli incorporei roghi
che cingono perpetui i miei pensieri:
essi fluttuano lesti
su sferoidi d'informe oscurità;
essi bruciano le iridi
e guardano, malinconici,
il destino d'ognuno.
 
La corsa avanza
e coarta
nella mia rètina ogni luce:
è il rapir d'ogni istante
ignorato da chi,
su questo viadotto,
avvalla
e si spegne per sempre
nell'indifferente mare.
 
 



 
 Notte d'ottobre
 
 
Accarezzata da questa frescura d'ottobre
la notte sortisce lenta
da questa strada muta mentre,
tremante, la luna si concede
al surreale silenzio.
Un profumo sconosciuto mi scivola contro
da questa sponda del fosco Tevere.
Spezza la requie un brivido
al morir di questa sovrumana oscurità
mentre la pioggia geme
sugli eterni spazi.
 
E io ti guardo,
o luna,
un ultimo istante…
 
 



 
Lapide bruna
 
 
Malinconici canti
e illusorie sirene
odo posar sui muschi
di questa tua lapide bruna:
eppur immagino...
immagino le ossa tue arse
indicar la rotta
da una lontana riva sabbiosa;
immagino
una ventosa e lieve carezza
andare a consolar
la natura che or più non t'affanna.
Lassù, sulla collina,
tra le vie dorate e gli orti
t'immagino volteggiar sereno
in zaffiri cieli:
e scorger ancora,
come rondine distante,
i delicati papaveri;
e danzar tutt'ora
tra i dorati raggi
delle tue gentili e odorate ginestre.
Eppur non azzardo
immaginar che fu
per gli occhi tuoi stanchi
veder la giovinezza e il maestoso Amore
volar via immaturi

dove il granel di sabbia va,
solitario,
tra orizzonti oscuri...
Ora,
su questa lapide bruna
s'infrange il mio pensiero che,
insolente,
richiama ardente
la tua lirica immortale.
 
Eppur immagino,
come rondine distante,
una ventosa e lieve carezza...
 
 



 
Primavera
 
 
È sotto il vecchio mandorlo
che odo meraviglioso
il tuo primo respiro.
Sfiorando le alte fronde
le tue dita si tingono,
dolci, delle supreme arti:
petali bianchi, viventi,
sono neve
che veste gli eterei spazi...
Eppur non v'è argine, no,
alle lacrime
che ora
s'adagiano e poi gemono
sul mio viso disfatto
dall'inumana tua attesa.
 
È sotto il vecchio mandorlo
che odo meraviglioso
il tuo primo respiro
o Primavera amata!
 
 



 
L'orchestra
 
 
L'orchestra è la primavera attesa
che sboccia tra caduchi fiori e mortali
ruscelli; è un applauso alla vita nuova
che s'innalza in cielo e violenta muta
tra il frinir di cicale e il ronzar di api;
è frenesia d'estate; è l'autunno
nei suoi imi boati e silenziosi pensieri
che flettono malinconici sulle
vecchie rughe dei platani cadenti;
è lo stormir delle frondose chiome
mosse da chi s'affretta alla partenza.
 
L'orchestra è la stupefacente danza
del nudo inverno in spazi sconfinati
dove, respira eterno, il Creatore.
 
 



 
Amore nudo
 
 
Ascolto le mobili dune
rapir la triste melodia
che lenta va,
svanendo,
sulle ultime luci.
Sul suo immutabile sorriso,
un teschio,
riflette le note
del mio annoso orizzonte;
nelle sue forme cave
interrogo il vento
che, lieve, mi scioglie
disperdendomi
ai suoi tiepidi sospiri.
 
Eppur
su queste mie carni informi
ancora vaga il mio amore nudo
che, muto,
ancor mi plasma
su questo vivo deserto.
 
 



 
Giustizia
 
 
Aria informe respiro quaggiù,
sul guado,
dove tuonante ancor m'invade
l'urlo coraggioso
d'un giudice assassinato.
Cavalco sulle sferzanti acque
indomiti pensieri
che vanno
ad inseguir
i corpi strascinanti
d'ormai inutili leggi.
D'un parlar diverso
or m'astengo,
eppur tacendo,
al mio sguardo
null'altro che nebbia
s'innalza a giudicar
nel deserto tribunale.
Il giusto
soffrendo la vita
or m'appare
come agnello che
a morte certa s'offre!
 
L'urlo coraggioso
cavalco sulle sferzanti acque:
null'altro che nebbia
or m'appare...
 
 



 
L'oro amaro
 
 
Quanto amaro sarà quell'oro
depredato
da quelle ombre su cui già,
l'invisibile ragno,
tesse loro addosso
l'inappellabile condanna!
Eppur camminano serene,
silenziose,
sui ventri doloranti
di giovani e innocenti cuori;
eppur camminano serene,
silenziose,
su visi ormai sfregiati
da lacrime di fame.
Ora sorridono
(aimè per loro)
a quell'infame destino
che scrivono, saziandosi,
dei loro figli nati morti...
...ogni giorno.
 
Quanto amaro sarà quell'oro
depredato
a quell'infame destino
ogni giorno...
 
 



 
Il destino
 
 
Riflesso nell'oceano
vedo e sento vivo
un sol pensiero;
una sola ermetica eco:
è il destino che,
tra fortunali e bonacce,
mi sciaborda e illude quando
tra un velo di stelle
la ragione s'offusca...
È lo sfuggir della vita
sotto il peso degli occhi;
è il sognar che,
ad ogni mio passo,
strepita e mugghia;
è il morir d'ogni giorno...
Eppur al mio ritorno,
riaprendo gli occhi e
al ritrovar dei sensi,
esso, ancora una volta,
sfuggendo all'amplesso,
dolorosamente rifugge...
È allora
che io comprendo
ogni respiro concesso:
respiro d'ogni foglia cadente
che ci ricorda d'esser
fragili api
dal cuor di cristallo.
 
È in ogni foglia cadente
che respiro
il destino d'ogni mio passo...
 
 



 
Cos'è amare
 
 
Che cos'è amare
se non chiudere gli occhi
e volare
per poi precipitare nell'inferno più buio
e vagare...
Che cos'è amare
se non strappare le ali
ai demoni e risalire in cielo
per sorridere agli angeli...
Che cos'è amare
se non planare su questa terra
e ricordare quel volo.
 
 



 
Ode al silenzio
 
 
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