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Poesie 2017




 



Ricordando l'Infinito
(in ogni sua parola...)
 
 
E come il vento in questo mare
il cor esclude il pensier mio
ove, per poco, io pensier mi fingo.
Ma sedendo di là da questa siepe,
e quella,
odo stormir profondissima quiete,
e la presente immensità.
E a questa, tra quest'ermo colle,
le morte stagioni io vo comparando e
non mi spaura
il naufragar dell'ultimo orizzonte:
e l'Eterno mi sovvien mirando quello
e questa voce viva!
E caro fu si, da tanta parte,
il guardo che s'annega nel silenzio:
e così tra queste piante
m'è sempre dolce il suon di lei.
Infinito,
e interminati spazi,
e sovrumani silenzi...
 
 



 
Mare
 
 
Mare,
oltre le agavi e il faro;
mare,
borboglio incessante di spume
e artiglio che abissa ogni tempo
nel tenero ventre di sabbie domate...
E stanno ivi come d'incanto
i flebili giunchi ritti a sfidare
il pencolar d'una randa che tra porti sepolti
s'annega,
e poi immobile tace;
e sfidano ancora un osso di seppia nei gorghi
che ivi dimentico giace...

In questa cala e in ogni suo grano
è di segreto capriccio
il riportar ogni fronda alla faticosa riva;
è di segreta natura il caducar d'essa
nell'inviolata prospettiva d'autunno...
Eppur qui son sinceri il vento e il Sole
quando li sento scoprir ogni inganno,
quando,
al Creatore tornando,
li vedo ritrarre all'orizzonte
le increspature dell'eterno brillar
d'una
e mille
e interminate stelle!

Così non v'è notte in questo magnifico mare
dove qualunque stella cadendo
sempre s'accosta alla docile onda
che
meravigliosamente
nel suo perir si spiega...
 
... e tra quell'onda in questa riva
ogni anima nell'affondar si sveglia:
oh naufraga si,
ma viva!
 
 


 
Il temporale
 
 
D'una e mille gocce
là nella calle il cadere s'ode
e dove cade
d'essa il rimbombo scuote.
Scuote, scuote il cuore mio
il tuono e il vento folle
ora che il buio al di là del colle
ne avvolge il trimpellio:
è il dì che muore
sulla campagna che ondeggia;
è l'inattesa notte
che annega ogni chiarore...
 
...
 
Eppur,
senza clamore,
dopo poco tutto s'acquieta e
mentre il cielo tutt'intorno s'apre
s'ode virente
il rifiorir dell'acqua cheta...
 

 



 

Quanto mi piacquero allora i campi
 
 
Quanto mi piacquero allora i campi
tra dolci clivi e candidi sentieri;
quanto m'arrisero gli armenti fieri
nei faceti tonfi dei miei inciampi...
 
 Oh vive valli dai bei colli ampi
da ginestre tinti e gran manieri
ove s'amaron dame e cavalieri
riempiendo il ciel di rose e lampi!
 
Oh ciel leggero d'antico ardore
guarda ora i tre colli della lupa ove
v'è delle contrade il corsier che corre:
 
e sulla piazza il dominar la torre;
e tra le calle balzane in ogni dove
a sposar la Santa al Divo Amore!

 
 


Alcione

 
 

E mi sfugge la materia di quell'unica parola che volevo arginasse l'infinito; e mi sfugge d'essa il senso che narra del mio ruolo in questo mondo...
Ed è per questo mio atroce dubbio che nulla più posso contro le mille legioni che avanzano sul bianco costone e s'elevano portando ferite vive nelle viscere: non hanno più carne sulle ossa eppur procedono divorando compiaciute ogni mia amata musa: è sulle loro insegne che recano scritta la mia sconfitta!
Le sento avanzare, al di là della scogliera, sanguinolente e impetuose; le sento battere ancora più forte dei desiderati venti del nord...
Ma da qui non può esserci fuga: il bastimento è fermo; morto il Capitano; i marinai, legati all'albatro offeso, fuggiti dalla tolda... Quanto vorrei fuggire anch'io da questo immoto cassero che ancor mi maledice alla luce viva della luna! E quanto sono lontano adesso dall'obbligato canto del mattino! Così m'accompagno alla solitudine per serrar con essa gli occhi dolcemente e farmi inghiottire dal buio doloroso del dover essere... Non ho più sensi né ragione ai piedi di codesto precipizio; non v’è più aria in questa geenna che flette e ingoia ogni mia audace riflessione: perché il tormento non s'agghiaccia a questi raggi di luna? Perché il mio ventre si sazia solo di lamenti?
Eppur mi chiedo adesso qual viltà sarebbe lasciare questo baluardo incustodito... Perché ho scelto di restare se cerco ancora il modo di sfuggire all'avanzata dell'insoddisfatto generale? Le sue menzogne (troppo scarne per me!) avvelenano da sempre il mio cuore stanco: "Signore, v'è forse gloria nello stringer tra le mani la paura d'un soldato?"...
E allora su questo atteso silenzio bramo la libertà che un solo passo mi urla…
E allargo le braccia al nulla e finalmente m'abbandono...
Ma la fine, ahimè, non m'è privilegio: non m'è concessa mite dipartita! E allora, prima di svanir nell'imperio dei flutti, prima che lo sguardo della morte m'appaghi, mi trova la leggerezza d'Alcione che s'abbandona ai venti. E alcione divengo, e mi risollevo da questa nera distesa (che io ancora chiamo mare!), iniziando il mio volo verso il fremore d'un borgo lontano...
E oltrepasso l'armata sospinto dai venti, librandomi tra indefiniti profumi che si riversano nel cielo, sciogliendone le nebbie...
E così, afferrato dalla vita, ritrovo i numi in questo abisso e m'aggrappo a Dio nel mutevole colore d'ogni stella...
Poi, come l'onda ad ogni vento s'adegua, al di là dei marosi, m'arrendo alla sera che sposa il mare...

 
 



 
Pensieri
 
 
In quest'ora che l'alba precede
ascolto i pensieri che confortano la notte.

In essi ho compreso la grandezza del silenzio.

Per essi ho ricusato le malie degli dei
confondendo i rintocchi del mio cuore
con i lenti ticchettii d'un orologio.

Con essi mi compiaccio della vita che s'appressa
e mi dispero per le ombre che verranno...

Eppur tra i miei pensieri e questa immota scena
si riflettono gli ultimi giorni d'inverno;
si palesa ogni oscurità.
 



 
Ultima ora
 
 
È ora che voi tacciate!
È ora che tacciano i vostri malevoli sguardi
su questa condanna che porta il mio nome!
Quest'ultima ora, figlia di idee imperfette
non è solo mia, ma nostra!
Altro non posso dir se non che voi
attraverserete, certamente come io faccio,
il buio del trapasso...
Ed è oltre che vi aspetterò o giudici,
come giudice tra pari,
mostrandovi la grandezza del mio esilio prematuro;
oltre l'imperfezione della vita;
oltre il confine d'ogni ima incertezza…